Io no so se
questa scuola sarà buona, o solo migliore. O magari neanche quello. Forse sarà
uguale, ma di certo non sarà peggiore.
In ogni caso i
sindacati sono organizzazioni che rappresentano gli interessi dei lavoratori e
non degli utenti. Interessi legittimi, non ho dubbi, ma interessi di parte e
non interessi generali.
Gli interessi
generali, nel nostro sistema democratico, si promuovono e difendono attraverso
le elezioni ed i partiti. Per cui si sbaglia la CGIL ad attaccare il Ministro
Boschi. Il Ministro di un governo che ha una forte maggioranza nel Paese e che
cerca di fare riforme difficili quanto necessarie, riflette e valuta. Di
arrogante c'e' solo la sorpresa di chi si sente intoccabile. La democrazia non
si fa necessariamente in piazza, ed il disprezzo per la democrazia spesso lo
manifestano proprio i sindacati.
Una scuola
"in mano ai sindacati" sarebbe una scuola di parte che renderebbe la
vita piu' facile a coloro che i sindacati rappresentano (noi, gli insegnanti ed
i lavoratori) e più difficile a chi utilizza la scuola come cliente (gli
studenti ed i cittadini).
Io non so cosa
si deve fare di questa scuola. Temo che i miracoli non riusciremo a farli ne'
dall'alto ne dal basso. Cercheremo di fare meglio che possiamo.
La mia
opinione è che questa "riforma" non sia sbagliata, ma che piuttosto
non sia sufficiente: non sia una riforma della scuola ma solo una risistematina
ai meccanismi decisionali interni. Forse utile, ma non entusiasmante.
La scuola -
penso io - non deve essere in mano ai dirigenti ma governata dai cittadini, con
filiere di democrazia corte, a chilometro zero o giù di lì. E poi che il
"potere" di prendere una decisione necessaria lo abbia in mano il
dirigente delegato dai cittadini alla gestione ordinaria, o direttamente il
consiglio di Istituto, poco importa.
Ma "la
scuola" come soggetto collettivo, non vuole i cittadini nella stanza dei
bottoni. Non li ha mai voluti ed ha perso tutte occasioni di vera democrazia a
partire dai Decreti Delegati del 1974, sbeffeggiando la partecipazione dei
cittadini agli organi collegiali, trasudando disprezzo di classe, riducendola a
mera formalità.
La scuola da
sempre e senza esitazioni e' coerente almeno su una cosa: le sue porte devono
essere chiuse; la possibilità di giudicare dietro ai cancelli e' cosa nostra: i
ragazzini sono solo ragazzini ed e' meglio se studiano, i genitori cosa vuoi
che capiscano, e i politici cosa vuoi che ne sappiano. E allora non va bene il
preside che dà le pagelline, non va bene l'INVALSI, non va bene il parere degli
utenti. Siamo tutti bravi, come dimostra la nostra bella pergamena di laurea.
Però poi
quando abbiamo certi colleghi in classe sbianchiamo, siamo molto scontenti e
vorremmo che il cattivissimo preside (senza i poteri da sceriffo, naturalmente)
infrangesse la legge per toglierceli dai piedi. Peccato che poi non si possa.
Peccato che poi voi stessi mi diciate: "pero' in quell'altra scuola lì
quel supplente lo saltano!" Ed io cosa vi devo dire? In quanti
siete venuti a chiedermelo nei miei 24 anni di dirigenza?
In quanti di
voi genitori (tra cui anche colleghi insegnanti con figli in altre scuole)
siete venuti a chiedere consiglio su cosa fare quando l'insegnante di vostro
figlio è "matto", "cattivo" "menefreghista",
"irragionevole", "incompetente", “ingiusto”? A volte vi
siete sbagliati nei vostri giudizi (di solito il più moderato sono io), ma a
volte no: su questo pianeta esistono sia i menefreghisti che i problemi
psicologici, ed in cattedra non fanno bella figura. In alcuni casi
davvero non possono starci.
Neanche a me
piace l'idea di essere giudicato da un solo Provveditore agli Studi o da un
solo Direttore Scolastico Regionale. Mi piace sforzarmi di fare scuola bene e
non vorrei dovermi preoccupare di piacere a quello o a quell'altro, esattamente
come a ciascuno di noi.
Ma un giudizio
collettivo sul mio operato (e sul vostro, cari colleghi) ci deve essere. La scuola e' al servizio delle comunità e alle comunità
deve rendere conto. Questa e' la democrazia.