Thursday 16 March 2017

Dubbi

La categorizzazione delle malattie ha un elemento ideologico e vi sono spesso discussioni sui limiti del "normale" e del "patologico". 
I fenomeni che raccogliamo sotto il nome "dislessia" esistono senza nessun dubbio. La "dislessia" è un modo di categorizzarli che produce effetti positivi ed effetti negativi.
Tutela in qualche modo i ragazzi in difficoltà appiccicandogli in fronte l'etichetta "fragile". Ma li marchia anche, e mi sembra che sia una cosa meno buona.
Ha anche un altro difettaccio: assolve la scuola dalla colpa del fallimeno... se sono dislessici che cosa ci possiamo fare noi?
Ho assistito dall'interno alla nascita del concetto di dislessia (ed alla sua diffusione "virale", come si dice oggi) e da vecchio insegnante progressista mi rimane il dubbio che l'etichetta "Disturbi Specifici di Apprendimento" (focus sul ragazzo) sia spesso utilizzata al posto di "Disturbi Specifici di Insegnamento" (focus sull'insegnante).
Mi sembra che qualunque concettualizzazione che sostituisca la "responsabilità" con la "fatalità" sia da prendere con le pinze.

Wednesday 21 September 2016

Leggo il giornale online ... 
Leggo i commenti dei lettori ... :-(
Dio mio... che commenti dei lettori! :-( :-( :-(
Non posso non sentirmi professionalmente fallito.
Colleghi... dove abbiamo sbagliato?

Sunday 6 December 2015

Libertà va cercando...


Il Direttore Scolastico Regionale per il Veneto ha mandato ieri una circolare sui crocifissi nelle scuole e sui canti di Natale che è di dominio pubblico e reperibile sulla pagina dell'USR Veneto : http://www.istruzioneveneto.it/wpusr/archives/38394.
Alcuni colleghi l'hanno accolta con soddisfazione. Ne capisco le ragioni ma, insomma, a me non piace.
Premetto che io non ho mai tolto un crocifisso da una classe e ho sempre lasciato cantare (e cantato) canti natalizi. Non mi sono neppure mai posto il problema perché mi sembra ovvio che i riti delle culture popolari, se non limitano la libertà altrui possono ben entrare nella scuola.
Mi pare però che le indicazioni sulla esposizione dei crocifissi delle leggi del 1924 e del 1927 abbiano ben poca rilevanza perché sono leggi fasciste, perché sono state fatto novanta anni fa in un'Italia culturalmente molto differente da quella di oggi, e perché comunque il principio della laicità dello stato è stato affermato dalla Costituzione solo qualche anno dopo contraddicendole. Se queste indicazioni hanno ancora un briciolo di validità, si tratta di una curiosa dimenticanza e di un'aberrazione politica ed è ora di abolirle con procedura di urgenza.
Che poi, come ci ricorda la Dottoressa Beltrame, il principio della laicità dello Stato sia compatibile con l'esposizione dei simboli religiosi cattolici perché in qusto modo "si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini" mi sembra - con il rispetto dovuto - pericolosetto oltreché non condivisibile.
Le istanze concrete della coscienza civile e religiosa dei cittadini possono cambiare con gli anni. Se queste dovessero trasformarsi un giorno in istanze di radicalismo religioso (di qualunque religione) la scuola potrebbe trovarsi a rispecchiare istanze ben poco moderne e ben poco tolleranti della diversità. Magari ci potremmo trovare tra pochi anni ancora con i preti a scuola, o magari con i mufti. Male in tutti i casi.
Se i canti di Natale hanno diritto ad esserci perché sono carini e non danno fastidio a nessuno, a me va bene. Anzi li canto anche io.
Se hanno diritto ad esserci a fianco di altre manifestazioni culturali degli studenti perché siamo in un Paese tollerante, a me va bene. Anzi li canto anche io.
Se hanno diritto ad esserci perché il Cristianesimo avrebbe un primato nelle nostre terre, a me NON va bene. Se nei prossimi cento anni dovesse cambiare l'equilibrio demografico e culturale del Paese (nella storia queste cose succedono...) ci troveremmo presto, applicando lo stesso principio, appesa nelle aule una bella mezzaluna.
Pur con tutto l'interesse per la complessa radice storica dell'Europa di cui sono cittadino, io sono Europeo e non sono cristiano: sono laico e voglio morire libero di essere laico. E possibilmente per cause naturali.
Le radici culturali dell'Europa affonderanno anche nell'Ebraismo, nel Cristianesimo e nel Politeismo classico, ma anche in Socrate ucciso per empietà, nei coraggiosi filosofi naturalisti e negli Stoici. La linfa vitale che ci ha fatto quello che siamo oggi non ci arriva da una religione, ma dallo sforzo filosofico e scientifico degli ultimi Cinqucento anni, fatto spesso contro le istanze della cultura popolare e contro le verità delle chiese. Ci arriva dall'elaborazione del concetto dei Diritti dell'Uomo, ci arriva dal principio della tolleranza e del valore della diversità. Ci arriva dal Rogo di Giordano Bruno, dal coraggio della Venezia di Paolo Sarpi, da Voltaire, da Galileo, da Darwin...
Sono magari i loro busti che dovremo rimettere al posto dei crocifissi per ricordarci i martiri del libero pensiero?
La laicità è il fondamento dell'Europa moderna, non la cristianità. I nostri concittadini europei di lingua francese sembrano averlo capito più di quelli di lingua italiana.
Liberte! Egalite! Fraternite! Vive la France!

Tuesday 16 June 2015

Un bilancio

Non tutto quello in cui ci si impegna viene bene, lo so, ed i bilanci a volte fanno tristezza. Però questa volta credo d’aver fatto qualcosa di buono. Non da solo, anzi, con tanti altri, però ci siamo riusciti: quest’anno nel mio istituto abbiamo “promosso” 987 bambini e non ne abbiamo “bocciato” nessuno. Anzi non abbiamo nemmeno seriamente discusso di bocciare nessuno.
Mio padre direbbe che la scuola non è più quella di una volta, ma insomma lui è fatto così (uomo splendido e profondo, ma un po’ vecchietto ed un po’ conservatore).
Io invece no. Io ho visto tanti docenti lavorare insiemi, insistere con le famiglie, fidarsi gli uni degli altri, fidarsi dei genitori, fidarsi (un po’) anche di me, e cercare di fare con intelligenza la cosa giusta per ciascuno dei nostri ragazzi: anche per quelli un po’ più deboli.
Ed è la prima volta in una lunga carriera scolastica: nessun bocciato.
In cinquant’anni di scuola media unica lo spirito selettivo della “vecchia scuola media” non è ancora morto, e lo testimonia qualche commento sorpreso (e sollevato) di qualche ragazzo davanti ai cartelloni con i risultati.
Ma non vi è stata sorpresa tra i miei insegnanti. Loro hanno lavorato a questo risultato e lo hanno visto arrivare. Grazie!

Wednesday 3 June 2015

Sono passati 8 mesi

Rileggo le mie riflessioni sulla buona scuola fatte lo scorso ottobre.

La "Buona Scuola" che ne è uscita non va abbastanza avanti su alcuni punti, non lega la scuola al territorio, non introduce una vera responsabilità del personale e tace su quasi tutto il resto.

E il dibattito patetico sulla presunta "riforma" sembra il solito pantano con cui la scuola si chiude di fronte al mondo. L'unica cosa per cui davvero ci si preoccupa è il "potere dei Presidi" (perché ovviamente quello degli utenti non è davvero incluso nella riforma, altrimenti...).
E le proposte di mediazione a cui i "puri del PD" sembrano interessati sono i controllori dei controllori. Una manciata di regole e di ispettori per dare ai presidi la responsabilità senza davvero i poteri. Un gioco di parole che porterà al nulla o giù di lì. Qualcosa per cui ai cittadini insoddisfatti si continuerà a rispondere: "Guardi, mi dispiace... il comma 7bis dell'art.27a della Sez. II del DM pinco pallino dice così...

Civati e Fassina, lasciate che ve lo dica: andar contro la riforma della scuola NON è una cosa di sinistra. Sostenere che i figli della borghesia fanno, disfano, promuovono, bocciano e sanno tutto loro; e che non vengono giudicati né dagli utenti né dai tecnici, NON è di sinistra, è di destra.


Ricopio e incollo diligentemente i miei pensieri di allora:

Il mio contributo notturno alla Buona Scuola di Renzi & Co.:

Propongo tre nuovi obiettivi

-          Una scuola per l’Europa in cui le proposte mettano a fuoco:
o   La necessità di obiettivi formativi comuni europei, con curricola e contenuti comuni per lo stesso mercato del lavoro e l’appartenenza alla stessa comunità di cittadini
o   Per la costruzione di un senso di appartenenza comune e la sostituzione dei vecchi obsoleti nazionalismi ottocenteschi che hanno prodotto due guerre mondiali, il tramonto dell’Europa e continuano ad ostacolare lo sviluppo dell’Unione Europea. Fatta l’Europa dobbiamo fare gli Europei (e forse disfare un po’ gli Italiani, i Francesi, i Tedeschi, ecc)
o   Per la costruzione di una scuola comune con tempi uniformi, che non penalizzi i ragazzi che escono dalle scuole italiane che sono più vecchi degli altri quando escono dalla scuola secondaria e dall’università (tutti orgogliosi del loro Bachelor Degree che un coetaneo Scozzese conquista normalmente a 21 anni)
o   Una scuola bilingue Italiano/Inglese, con l’aggiunta di altre lingue anche non europee

-          Una scuola per le Comunità in cui le proposte mettano a fuoco:
o   L’autonomia delle scuole senza indulgere alla tentazione di un centralismo semplificatore che sembra costantemente riemergere dagli atti del Ministero
o   Consigli di Gestione territoriale con un peso decisionale più forte agli utenti ed alle comunità composte di genitori, rappresentanti dei Comuni e da alcuni tecnici con la presenza di un garante della legalità (il Dirigente Scolastico?)
o   Con poteri di coniugazione locale della scuola europea, di valutazione propria del servizio da affiancare a quella “regionale” italiana e a quella “nazionale” europea
o   Con potere di scelta sui tempi e sulla organizzazione della scuola, ed in particolare di scelta, assunzione, conferma triennale e/o licenziamento del personale.

-          Una scuola di servizio per il ragazzo e per il sapere:
o   Scuola superiore unica almeno fino ai 16 anni con il superamento della vergognosa segregazione dei quattordicenni in scuole diverse a seconda della classe sociale dei genitori (guardare le statistiche per credere) che determina in molti casi la rete di relazioni, le ambizioni e la vita successiva dei ragazzi. Chiamatelo se volete “liceo unico”.
o   Con obiettivi standard valutabili ai fini delle certificazioni chiaramente definiti a livello europeo.
o   In cui la cosa valutata davvero sia il servizio pubblico: in cui la misura e la valutazione degli obiettivi raggiunti dai ragazzi sia solo un capitolo della valutazione dei servizi offerti dalla scuola
o   Con distinzione delle carriere del docente e del valutatore. Finché i due ruoli non verranno distinti ci raccontiamo delle frottole: la scuola non sarà in grado di valutare se stessa. Pagherà forse un “lip service” al principio della propria responsabilità teorica ma continuerà a guardare i fallimenti, a “bocciarli” e a non sentirsi troppo in colpa.

Sunday 10 May 2015

La Buona Scuola - Capitolo Millesimo


Io no so se questa scuola sarà buona, o solo migliore. O magari neanche quello. Forse sarà uguale, ma di certo non sarà peggiore.
In ogni caso i sindacati sono organizzazioni che rappresentano gli interessi dei lavoratori e non degli utenti. Interessi legittimi, non ho dubbi, ma interessi di parte e non interessi generali.
Gli interessi generali, nel nostro sistema democratico, si promuovono e difendono attraverso le elezioni ed i partiti. Per cui si sbaglia la CGIL ad attaccare il Ministro Boschi. Il Ministro di un governo che ha una forte maggioranza nel Paese e che cerca di fare riforme difficili quanto necessarie, riflette e valuta. Di arrogante c'e' solo la sorpresa di chi si sente intoccabile. La democrazia non si fa necessariamente in piazza, ed il disprezzo per la democrazia spesso lo manifestano proprio i sindacati.
Una scuola "in mano ai sindacati" sarebbe una scuola di parte che renderebbe la vita piu' facile a coloro che i sindacati rappresentano (noi, gli insegnanti ed i lavoratori) e più difficile a chi utilizza la scuola come cliente (gli studenti ed i cittadini).
Io non so cosa si deve fare di questa scuola. Temo che i miracoli non riusciremo a farli ne' dall'alto ne dal basso. Cercheremo di fare meglio che possiamo.
La mia opinione è che questa "riforma" non sia sbagliata, ma che piuttosto non sia sufficiente: non sia una riforma della scuola ma solo una risistematina ai meccanismi decisionali interni. Forse utile, ma non entusiasmante.
La scuola - penso io - non deve essere in mano ai dirigenti ma governata dai cittadini, con filiere di democrazia corte, a chilometro zero o giù di lì. E poi che il "potere" di prendere una decisione necessaria lo abbia in mano il dirigente delegato dai cittadini alla gestione ordinaria, o direttamente il consiglio di Istituto, poco importa.
Ma "la scuola" come soggetto collettivo, non vuole i cittadini nella stanza dei bottoni. Non li ha mai voluti ed ha perso tutte occasioni di vera democrazia a partire dai Decreti Delegati del 1974, sbeffeggiando la partecipazione dei cittadini agli organi collegiali, trasudando disprezzo di classe, riducendola a mera formalità.
La scuola da sempre e senza esitazioni e' coerente almeno su una cosa: le sue porte devono essere chiuse; la possibilità di giudicare dietro ai cancelli e' cosa nostra: i ragazzini sono solo ragazzini ed e' meglio se studiano, i genitori cosa vuoi che capiscano, e i politici cosa vuoi che ne sappiano. E allora non va bene il preside che dà le pagelline, non va bene l'INVALSI, non va bene il parere degli utenti. Siamo tutti bravi, come dimostra la nostra bella pergamena di laurea.
Però poi quando abbiamo certi colleghi in classe sbianchiamo, siamo molto scontenti e vorremmo che il cattivissimo preside (senza i poteri da sceriffo, naturalmente) infrangesse la legge per toglierceli dai piedi. Peccato che poi non si possa. Peccato che poi voi stessi mi diciate: "pero' in quell'altra scuola lì quel supplente lo saltano!" Ed io cosa vi devo dire? In quanti siete venuti a chiedermelo nei miei 24 anni di dirigenza?
In quanti di voi genitori (tra cui anche colleghi insegnanti con figli in altre scuole) siete venuti a chiedere consiglio su cosa fare quando l'insegnante di vostro figlio è "matto", "cattivo" "menefreghista", "irragionevole", "incompetente", “ingiusto”? A volte vi siete sbagliati nei vostri giudizi (di solito il più moderato sono io), ma a volte no: su questo pianeta esistono sia i menefreghisti che i problemi psicologici, ed in cattedra non fanno bella figura. In alcuni casi davvero non possono starci.
Neanche a me piace l'idea di essere giudicato da un solo Provveditore agli Studi o da un solo Direttore Scolastico Regionale. Mi piace sforzarmi di fare scuola bene e non vorrei dovermi preoccupare di piacere a quello o a quell'altro, esattamente come a ciascuno di noi.

Ma un giudizio collettivo sul mio operato (e sul vostro, cari colleghi) ci deve essere. La scuola e' al servizio delle comunità e alle comunità deve rendere conto. Questa e' la democrazia.

Wednesday 6 May 2015

Lettera aperta al Presidente del Consiglio

Gentile Presidente,

ieri c'è stato uno sciopero forse più grande di quello che si aspettava.

Non si scoraggi (ma lei non è il tipo da scoraggiarsi). Come lei sa, la ragione spesso non sta da una parte sola; ascolti, rifletta, e poi cerchi di prendere decisioni ragionevoli, che ci garantiscano un po' di efficienza e la possibilità di offrire servizi migliori ai nostri ragazzi. Visti i risultati della scuola italiana nelle ricerche comparate internazionali, direi che ne hanno bisogno. 
Da lei mi aspetto grandi cose...

Sono un Dirigente Scolastico "esperto" (di ruolo come Direttore Didattico a partire dal 1991). In tutti questi anni ho visto la scuola fare molta fatica, cambiare troppo poco e non sempre bene.

Visto che sono stato nella scuola per tanti anni e che mi sono fatto le mie idee, mi permetto di darle tre suggerimenti. Se può ci pensi un attimo.

1. E' ovvio che un sistema in cui gli operatori di un servizio sono anche coloro che fissano gli obiettivi da raggiungere, gli impegni da prendere, le verifiche da fare e le valutazioni da dare, non può funzionare bene. Il Collegio dei Docenti è un organo tecnico, e non può essere l'organismo di governo della scuola. Però non si fidi neanche troppo di noi dirigenti: non siamo meglio degli insegnanti che dirigiamo e siamo altrettanto corporativi. La vera chiave di una buona scuola è il legame con i suoi utenti e con le persone a cui davvero interessa che la scuola funzioni bene. Il potere di assumere decisioni importanti deve essere assegnato all'organo che rappresenta i cittadini: il Consiglio di Istituto.

2. Nella vecchia Riforma Berlinguer c'era un grande sogno pedagogico e sociale che la scuola del tempo aveva bocciato e che, purtroppo, che ci siamo dimenticati: il LICEO PER TUTTI, per superare il nostro sistema che divide a 14 anni i nostri alunni a seconda della loro classe sociale, determinando in gran parte le loro amicizie ed il loro futuro. 

3.  E' ora che la scuola italiana cambi natura e lasci il posto alla scuola europea. Nella vecchia Riforma Berlinguer c'era almeno il tentativo di riformulare le campate della nostra struttura scolastica, e di rendere il nostro sistema formativo meno dissimile da quello della maggior parte degli PAESI europei anticipando ai 18 anni la conclusione della scuola. Non bastava, ma era già qualcosa.

La ringrazio per l'attenzione.

Vittore Pecchini